CONSULENZA FINANZIARIA ETICA PER LA PROTEZIONE E CRESCITA DEL TUO PATRIMONIO
Che cos’è esattamente l’inflazione? Come impatta nelle nostre vite e nel sistema economico finanziario?
Rispondendo alla prima domanda, l’inflazione è l’aumento generalizzato e prolungato dei prezzi. In un sistema economico il livello dei prezzi determina anche il potere d’acquisto delle famiglie, per tale ragione l’inflazione è spesso letta insieme all’aumento dei salari, elemento, questo, tra l’altro, che può determinare un aumento ulteriore dell’inflazione.
Per spiegarci in termini più semplici, se io guadagnassi 1500€ al mese e ne spendessi 1000€ per fare la spesa, pagare il mutuo e le bollette, me ne rimarrebbero 500€ per le mie spese “superflue”. Mettiamo però il caso che, dopo un anno, il mio stipendio sia sempre 1500€ ma a causa dell’inflazione spendo il 10% in più per procurarmi i beni di prima necessità di cui sopra. La mia spesa totale mensile sarebbe di 1100€, lasciandomi solo più 400€ per le spese “superflue”. Ecco come l’inflazione ha eroso il mio potere d’acquisto. L’inflazione può anche essere vista come una perdita di valore del denaro. Con i miei 1500€, dopo un anno riesco a comprare meno beni, quindi il mio denaro è come se valesse meno.
Per dare un’idea di come il mio denaro risparmiato perda valore nel tempo, nel grafico seguente sono stati simulati tre scenari d’inflazione: all’1%, al 2% e al 3%, per 10 anni. Ecco come si è ridotto il valore del mio denaro. Con l’inflazione al 3%, da 100.000€ che avevo, dopo 10 anni posso acquistare beni solo più per un valore di 73.740€. I miei 100.000€ possono acquistare il 26% di beni in meno.
Questo ci insegna che non bisogna esagerare con la liquidità da mantenere sul conto corrente. Anche facendo questa scelta, ovvero la scelta di non investire sui mercati finanziari e mantenere una somma (esagerata) in liquidità, in qualche modo si realizza un investimento che, in periodi di aumento dell’inflazione, può determinare, alla fine, un “rendimento” negativo.
Per dare un’idea il più possibile semplificata di come l’inflazione impatti direttamente nelle nostre vite, si pensi ad esempio a quanto i gelati, che probabilmente adoriamo tutti consumare nel periodo estivo, abbiano subìto un aumento dei prezzi non indifferente nel corso degli anni.
Nel 2002 se io avessi dato a mio figlio 5€ per comprarsi un cornetto di quelli confezionati, avrebbe potuto comprarne 5, uno per lui e gli altri per i suoi amici in spiaggia, riportandomi qualche spicciolo come resto. Nel 2021, sempre con 5€, avrebbe potuto comprarne solo due, riportandomi, anche qui, un po’ di resto.
Quindi l’inflazione è cattiva? Sì e no. Le banche centrali e i policy maker cercano sempre un po’ di inflazione, ritenendo che un’inflazione al 2% (valore medio posto come obiettivo ormai da parte delle maggiori banche centrali dei paesi sviluppati) sia il valore ideale per mantenere un sistema economico sano. Viceversa, un’inflazione negativa, ovvero la tendenza dei prezzi a scendere, tende a far posticipare gli acquisti ai consumatori, bloccando il sistema economico perché tutti noi preferiamo posticipare i nostri acquisti, essendo che in prospettiva potremo pagarli meno. Un’inflazione troppo bassa, come quella troppo alta è ugualmente dannosa perché mette in difficoltà le famiglie.
Quali sono gli impatti finanziari di una ripresa dell’inflazione? Un’inflazione troppo alta porterebbe le banche centrali a dover “raffreddare” l’economia attraverso un rialzo dei tassi. Il problema è che dopo 13 anni di tassi particolarmente bassi, le aziende hanno avuto la tendenza a sovraindebitarsi, potendo prendere a prestito denaro a bassissimo costo. In caso di rialzo dei tassi le aziende sovraindebitate potrebbero trovarsi in difficoltà, non riuscendo più a pagare i propri debiti e questo, in taluni casi, potrebbe portare al fallimento.
Dove sta quindi il grosso problema di cui si dibatte tanto in questi mesi?
Le banche centrali hanno due strade: la prima è quella di tenere i tassi bassi per evitare una serie di fallimenti delle aziende più indebitate. Questo però farebbe correre l’inflazione danneggiando fortemente le famiglie, le quali si ritroverebbero con un potere d’acquisto fortemente ridotto. Tale manovra impatterebbe in maniera particolarmente negativa le fasce di reddito più fragili della popolazione, le quali potrebbero trovarsi in difficoltà anche solo nella spesa di tutti i giorni. La seconda strada è quella del controllo dell’inflazione attraverso il rialzo dei tassi: questa soluzione potrebbe determinare un susseguirsi di fallimenti di aziende con conseguente crisi dei mercati. In entrambe le strade ci sono vincitori e vinti. Siamo forse giunti al punto in cui dobbiamo pagare il conto di 13 anni di politiche monetarie accomodanti?
Dove sta la soluzione? Come spesso accade, nella via di mezzo: un aumento dei tassi di interesse non eccessivo e calibrato nel corso del tempo in funzione dell’evoluzione dei prezzi, dell’inflazione e degli altri dati macroeconomici potrebbe evitare crisi aziendali e salvaguardare i consumi delle famiglie.